Il procione è un carnivoro di media taglia, dalla corporatura tozza e dalle zampe corte, che può raggiungere i 10 kg di peso, anche se in media ha dimensioni minori (4-8 kg). La pelliccia ha una colorazione molto variabile, dal grigio al bruno-rossastro. Il muso è caratterizzato da una mascherina nera sugli occhi, mentre la coda presenta tipici anelli scuri che lo rendono facilmente riconoscibile. La schiena inarcata e le zampe da plantigrado conferiscono a questa specie un portamento da orsetto. Le femmine sono generalmente più piccole dei maschi.
Specie originaria dell’America settentrionale e centrale, ha un’ampia distribuzione, che si estende dal Canada a Panama.
In Italia, è presente dal 2004 con una popolazione riproduttiva in Lombardia e più recentemente con un nucleo nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, provincia di Arezzo. La specie è stata segnalata occasionalmente anche in altre regioni, del nord e centrali, ma in genere si trattava di individui isolati.
Mappa di distribuzione (su celle 10x10kmq) aggiornata a giugno 2019 per la rendicontazione ai sensi dell’art.24 del Reg. UE 1143/14.
Tipica specie onnivora e opportunista, il procione presenta uno spettro alimentare ampio e diversificato. Esso riflette la grande adattabilità della specie, e comprende tutto ciò che è disponibile nell’ambiente, ad esempio frutti e bacche, semi, insetti, gamberi e granchi, pesci e anfibi, rettili e uccelli (soprattutto acquatici), uova e nidiacei, e anche piccoli mammiferi. Nelle aree urbane si nutre principalmente di rifiuti, che raccoglie soprattutto dai bidoni e dai cassonetti fuori dalle case. Le femmine si riproducono anche nel primo anno di vita, con 1-7 (in media 4) piccoli per cucciolata, che saranno in grado di nutrirsi autonomamente a circa 16 settimane.
L’habitat naturale del procione è rappresentato da foreste decidue e temperate, ma la specie è caratterizzata da una marcata flessibilità comportamentale ed ecologica. Ciò la rende in grado di vivere in un’ampia varietà di ambienti, dai centri abitati alle zone più selvagge, soprattutto in presenza di ambienti umidi, come foreste allagate, paludi, mangrovie, oppure lungo i torrenti e le coste. In genere sono evitati gli ambienti aperti, come i pascoli e le praterie. Anche i territori che può occupare un singolo individuo sono molto variabili, in relazione alla disponibilità di risorse trofiche da pochi ettari a 40-100 ha, ma sono anche riportati territori di centinaia di ettari in aree molto frammentate.
Il procione è stato introdotto soprattutto a seguito di rilasci intenzionali o fughe dalla cattività. Si tratta infatti di una specie utilizzata come animale da compagnia o per la sua pelliccia, inoltre è spesso ospitata nei giardini zoologici. Trattandosi di una specie molto adattabile, una volta immessa nell’ambiente naturale è capace di diffondersi autonomamente con grande efficacia. In Europa ad esempio, fin dai primi rilasci avvenuti in Germania nel 1927, la specie si è diffusa prevalentemente per via naturale. La popolazione attuale è addirittura stimata in un ordine di grandezza compreso tra i 100.000 e un milione di esemplari. Benché si ritenga che in Europa questa specie abbia scarse probabilità di essere trasportata da una parte all’altra, si conoscono casi di introduzione dovuta a trasporto passivo su navi e container (come di recente avvenuto dalla Germania alla Scandinavia, o dalla Francia al Regno Unito).
Il procione può avere un notevole impatto economico sulle attività dell’uomo, ad esempio sull’agricoltura (in Giappone sono stimati danni per oltre 200.000 € all’anno). Può inoltre causare molti danni alle case (ad esempio tetti, camini, giardini, cassonetti per i rifiuti). Infine è un noto vettore di malattie e parassiti (es. Baylisascaris procyonis) molto pericolosi anche per la salute dell’uomo (tra cui la rabbia, la salmonellosi, la toxoplasmosi, la leptospirosi) oltre che per gli animali domestici o da allevamento.
Questa specie può avere un impatto significativo sulla fauna nativa attraverso predazione, competizione e trasmissione di malattie e parassiti. Pur non esistendo studi approfonditi per l’Europa, sulla base delle evidenze raccolte in altre regioni, si ritiene che il procione possa avere un impatto soprattutto sugli uccelli acquatici e sulle colonie di uccelli marini. Inoltre potrebbe rappresentare una minaccia anche per gli anfibi e i piccoli mammiferi, come l’arvicola acquatica. Nei contesti in cui sia presente una diversificata comunità di meso carnivori, il procione si può inserire in essa come elemento di disturbo in ragione di una maggiore adattabilità rispetto alle specie native.
Non sono noti impatti su ecosistemi naturali in Europa.
Le metodologie utilizzabili sono varie e diversificate. L’eradicazione in genere è possibile solo quando le popolazioni sono piccole e localizzate, altrimenti è necessario attuare un controllo permanente e continuativo, ad esempio attraverso l’uso di trappole (la caccia e l’uso di veleni non sono molto efficaci perché non possono essere impiegati in tutti gli ambiti). Il divieto del commercio e del possesso di questi animali rappresenta pertanto l’unica misura utile a scongiurare ulteriori rilasci o fughe dalla cattività.