Acridotheres tristis (Linnaeus, 1766)
Questo passeriforme è lungo circa 25 cm, con peso che varia tra 80-140 g. É di colore marrone con testa, collo e torace nero lucido mentre il sottocoda, l’estremità della coda e la base delle primarie sono di colore bianco, meglio visibili quando l’animale è in volo. L’area sotto l’occhio, il becco e le zampe sono giallo brillanti. Il dimorfismo sessuale è trascurabile; maschi e femmine sono difficilmente distinguibili.
Aves
Passeriformes
Sturnidae
Paradisaea tristis
Common myna
Autore: Marion Schneider & Christoph Aistleitner
Licenza: Public Domain
Autore: J.M.Garg
Licenza: CC BY-SA 3.0
La specie è originaria dell’Asia centrale e meridionale, è ampiamente distribuita in India, Afghanistan, Turkestan, Bangladesh, Sri Lanka, sud della Cina e Indocina.
La specie è stata introdotta nel sud-est asiatico, Nuova Zelanda, Australia orientale, Africa meridionale e Madagascar. È presente in numerose isole dell’Oceano Atlantico, Indiano e Pacifico.
La specie è presente in Portogallo, Spagna e Italia, ed è stata segnalata in Austria, Finlandia e Francia.
La specie è presente in modo sporadico in Lombardia (nel bresciano) e in Veneto. In Campania sono note popolazioni riproduttive, mentre in Lazio e Toscana l’attuale presenza della specie è dubbia.
La specie si ritrova in prati, zone agricole, fasce ripariali e piantagioni arboree, è associata ad ambienti urbani o peri-urbani, spesso disturbati. É una specie onnivora e opportunista che si nutre prevalentemente di frutta e bacche, semi, insetti e ragni, ma può alimentarsi anche di uova e pulli di altre specie di uccelli, piccoli rettili, rifiuti e carogne. La specie costruisce il nido a forma di coppa con erba secca, ramoscelli e foglie, in cavità e tra la chioma degli alberi, nella vegetazione fitta e sugli edifici. Produce due nidiate l’anno, depone fino a 6 uova (mediamente 4) di un tenue verde-azzurro. La maturità sessuale viene raggiunta attorno ai 9-12 mesi e la vita media in natura è di 4 anni.
L’introduzione della specie è dovuta principalmente a fughe da condizioni di cattività, legate soprattutto al commercio di animali da compagnia o alla detenzione in parchi zoologici. La specie può essere introdotta accidentalmente anche mediante trasporto di individui via nave, soprattutto per quanto riguarda le isole. Una volta introdotta, la specie è in grado di diffondersi localmente, sia naturalmente che aiutata dall’uomo.
Per le sue abitudini gregarie e di alimentarsi di rifiuti, la specie può avere un impatto sociale in termini di rumore e contaminazione tramite deiezioni. Può favorire la diffusione di specie vegetali invasive e patogeni. É vettore di malattie umane e animali come ornitosi, salmonellosi, influenza aviaria e può essere ospite di acari che possono essere trasmessi anche all’uomo.
Gli impatti economici su scala locale sono a carico di giardini e frutteti, in quanto la specie, in mancanza di insetti, può cibarsi di frutta e semi. Per la sua tendenza a foraggiare in aree aperte si può radunare lungo le piste di atterraggio ed essere causa di impatto con velivoli.
La specie può avere forti impatti negativi sulla fauna locale, soprattutto uccelli, incluse specie rare e protette, prevalentemente a causa della competizione per il cibo e i siti di nidificazione, la predazione di uova, pulli, e occasionalmente adulti.
Considerati gli impatti negativi dovuti a competizione e predazione a carico di specie native di uccelli e il ruolo nella diffusione di agenti patogeni, la specie potrebbe influenzare la struttura e composizione degli habitat, alterando le comunità e contribuendo alla riduzione della biodiversità.
In Italia le importazioni sono sospese dal 2006 e da luglio 2019 è vietata la detenzione e la riproduzione della specie. Il controllo temporaneo della specie può essere effettuato tramite dissuasori acustici o visivi; barriere fisiche, come reti, possono proteggere fonti di cibo localizzate (es. nei frutteti).
I metodi di controllo/eradicazione più utilizzati sono: 1) trappole (con richiamo vivo e con esca di cibo) e successiva soppressione eutanasica degli animali (ad es. in eccesso di CO2); 2) armi da fuoco utilizzate da personale specializzato. Questo metodo può essere molto utile per rimuovere piccoli nuclei della specie, ad es. durante le fasi iniziali dell’introduzione o per animali diffidenti verso le trappole; 3) avicidi (es. Starlicide, alphacloralosio), il cui uso è generalmente sconsigliato per i possibili impatti ambientali e su specie non target e, viceversa, va attentamente pianificato. Attualmente non risultano prodotti autorizzati per questi scopi dalla UE.
Scheda realizzata da: ISPRA con il supporto dell'Università dell'Insubria