Ibis sacro

Threskiornis aethiopicus (Latham, 1790)

L’ibis sacro è un grosso uccello di palude, dall’apertura alare di circa 110-120 cm, con il capo e il collo privi di penne e di colore nero. Il caratteristico becco ricurvo, lungo e rivolto verso il basso, è anch’esso di colore nero, così come le zampe. Il piumaggio di questa specie, è fondamentalmente bianco ad eccezione delle terziarie e delle estremità delle remiganti primarie e secondarie che sono invece neri con riflessi violacei. L’ibis sacro è una specie gregaria e molto socievole, che si lascia facilmente osservare a coppie o a piccoli gruppi. Può nidificare in colonie comprendenti fino a 2000 coppie, spesso in compagnia di altre specie, come gli aironi.

  • Classe

    Aves
  • Ordine

    Pelecaniformes
  • Famiglia

    Threskiornithidae
  • Sinonimi principali

    Threskiornis aethiopica
  • Nome inglese

    Sacred Ibis

area di presenza naturale

L’ibis sacro è una specie originaria dell’Africa a sud del Sahara e dell’Iraq sud-orientale (in passato era presente anche in Egitto, dove è estinto come nidificante fin dalla metà del XIX secolo).

area di introduzione

nel mondo
Questa specie è stata introdotta negli Stati Uniti, negli Emirati Arabi Uniti e in vari paesi dell’Europa.

in Europa
In Europa l’ibis sacro si è insediato con successo in Francia, Olanda e Italia, nonché in Spagna (nelle isole Canarie), Portogallo e Grecia. La specie è stata segnalata occasionalmente anche nel Regno Unito, e sono noti alcuni tentativi di nidificazione in Belgio.

DISTRIBUZIONE IN ITALIA

In Italia questa specie è presente in varie regioni, sebbene con popolazioni molto localizzate.

Mappa di distribuzione (su celle 10x10kmq) aggiornata a giugno 2019 per la rendicontazione ai sensi dell’art.24 del Reg. UE 1143/14.

BIOLOGIA ED ECOLOGIA

Si tratta di una specie perlopiù onnivora e opportunista, la cui dieta comprende insetti e altri invertebrati che vengono catturati sia nelle acque basse delle zone paludose, sia sul terreno. Si nutre inoltre di alimenti vegetali, nonché di piccoli vertebrati che cattura vivi, uova e pulcini di altre specie (ma anche carogne e rifiuti lasciati dall’uomo). La longevità accertata in natura è di oltre 20 anni.

L’ibis sacro è una specie molto adattabile che può vivere in diversi ambienti legati ai corsi d’acqua e alle zone umide dell’entroterra, alle lagune costiere e alle isole (anche lontane dalla costa) nonché in ambienti lontani dall’acqua, come le aree incendiate recentemente e altri ambienti antropizzati, tra cui le campagne coltivate e le discariche di rifiuti. Nidifica negli alberi e negli arbusti in prossimità di zone umide, ma anche su terreno.

VETTORI DI INTRODUZIONE

Questa specie è stata introdotta perlopiù come conseguenza dei rilasci e delle fughe dalla cattività di animali tenuti in collezioni private e in giardini zoologici. Inoltre in alcuni paesi (ad esempio in Olanda) si ritiene che si sia diffusa autonomamente, a partire dalle popolazioni introdotte.

IMPATTI

Rapporti con l’uomo, impatto sanitario e socioeconomico

Non sono noti impatti economici particolari, ma l’abitudine di questa specie di rovistare tra i rifiuti in prossimità dei centri abitati, potrebbe provocare dei problemi legati all’igiene e alla salute pubblica. Inoltre, come conseguenza delle sue attività di alimentazione, potrebbe causare danni alle attività di allevamento di pesci e molluschi.

Impatto su altre specie

Come documentato attraverso l’osservazione delle popolazioni introdotte in Francia, l’ibis sacro è un predatore di uova e pulcini di varie specie di uccelli nativi, come sterne, garzette, anatre, uccelli marini e uccelli di palude. Ad esempio in un’occasione sono stati osservati due ibis sacri predare tutti i nidi di una colonia di beccapesci. Inoltre potrebbe competere per i siti di nidificazione con altri uccelli, come la garzetta e l’airone guardabuoi. In Francia è stato documentato il consumo di gambero rosso della Louisiana, altra specie aliena che potrebbe quindi contribuire ad eliminare.

Impatto sugli ecosistemi

Non sono noti impatti su ecosistemi naturali in Europa.

METODI DI GESTIONE

L’eradicazione della specie è tecnicamente fattibile, se opportunamente pianificata, soprattutto se condotta su popolazioni non numerose e a uno stadio di insediamento precoce.

Scheda realizzata da: ISPRA