La mangusta indiana è un predatore di piccole-medie dimensioni (circa 60 cm di lunghezza), con corpo snello e allungato, zampe corte e coda larga e robusta, che si assottiglia verso la punta. Anche il capo è allungato e con il muso appuntito, mentre le orecchie sono minuscole e arrotondate, appena visibili. I maschi sono più grandi delle femmine. Il mantello è di colore bruno, screziato d’oro, più chiaro sul ventre.
*Il nome H. javanicus fino a poco tempo fa era considerato sinonimo di H. auropunctatus, tuttavia le ricerche più recenti hanno confermato che si tratta in realtà di due specie distinte. Le tecniche biomolecolari hanno permesso di identificare gli esemplari di mangusta indiana presenti nella zona adriatica come H. auropunctatus. Le informazioni ecologiche e la relativa analisi del rischio di invasione tuttavia sono riferite al complesso delle due specie, per questo motivo anche in questa scheda il nome H. javanicus sensu lato è utilizzato per riferirsi ad entrambe.
Herpestes javanicus e H. auropunctatus sono diffuse dall’Arabia Saudita settentrionale, all’Iran, Iraq, Afghanistan, Pakistan, India, Nepal, Bangladesh, Myanmar, Tailandia, Malesia, Laos, Vietnam, e Cina meridionale, inclusa l’isola Hainan. Il limite di diffusione delle due specie non è chiaro.
Assente. In passato una specie molto affine, la mangusta grigia indiana (Herpestes edwardsii, è stata introdotta nel Lazio (Parco nazionale del Circeo) e in Toscana (Maremma grossetana), per il controllo biologico delle vipere e dei ratti. Entrambe le immissioni però non hanno avuto successo e la specie si è estinta per cause naturali.
Questo predatore ha una dieta opportunistica, molto ampia, variabile in funzione dell’ambiente e delle disponibilità. Si nutre perlopiù di piccoli mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e invertebrati, ma anche di vegetali, soprattutto frutta. Localmente è stato osservato il ricorso a rifiuti alimentari di origine umana. Ha abitudini prevalentemente terricole (si arrampica sugli alberi solo di rado) e caccia sia di giorno sia di notte.
Vive in un’ampia varietà di ambienti, dalle zone agricole a quelle forestali o ripariali, lungo la costa e nelle aree desertiche, nelle aree urbane e nelle zone umide, dal livello del mare fino ai 3000 m (ad esempio nelle Hawaii), a volte raggiungendo densità di popolazione elevate. Considerate le condizioni climatiche tipiche delle regioni in cui vive, si ritiene che i paesi dell’area mediterranea siano particolarmente adatti alla sua presenza.
In Europa, così come in altre parti del mondo, la mangusta indiana è stata introdotta a scopo di controllo di serpenti e ratti, soprattutto in contesti agricoli. Si ritiene peraltro che alcune immissioni siano avvenute come conseguenza dell’utilizzo di questa specie come animale da compagnia (senza contare che in alcuni paesi nativi è commerciata anche a scopo alimentare). La mangusta indiana si è ulteriormente diffusa in maniera autonoma a partire dalle aree di immissione.
In Europa, così come in altre parti del mondo, la mangusta indiana è stata introdotta a scopo di controllo di serpenti e ratti, soprattutto in contesti agricoli. Si ritiene peraltro che alcune immissioni siano avvenute come conseguenza dell’utilizzo di questa specie come animale da compagnia (senza contare che in alcuni paesi nativi è commerciata anche a scopo alimentare). La mangusta indiana si è ulteriormente diffusa in maniera autonoma a partire dalle aree di immissione.
La mangusta indiana è un predatore generalista e come tale può rappresentare una minaccia diretta per una moltitudine di specie native, soprattutto piccoli vertebrati. In Croazia ad esempio sembra aver avuto un impatto significativo sulle popolazioni di vipera dal corno e di ramarro gigante.
Non sono noti impatti particolari su comunità vegetali ed ecosistemi naturali in Europa, ad eccezione degli stravolgimenti provocati alle catene alimentari a seguito della predazione di varie specie.
Esistono diversi metodi per il controllo delle manguste. Il trappolaggio è il metodo più diffuso, ma possono essere utilizzate anche esche avvelenate, da spargere manualmente o con l’ausilio di mezzi aerei. La gestione della mangusta indiana non è facile, in particolare se la specie è ampiamente diffusa. Per la prevenzione dei danni vengono solitamente utilizzate recinzioni a prova di predatori. Recinzioni sono anche state utilizzate in Giappone per delimitare aree di eradicazione e contenere l’espansione della specie.